Relazione critica sulle opere dell’artista Rossana Caltabiano

Percorso tecnico – filosofico dell’artista fino ad oggi

L’artista inizia il percorso produttivo in ambito accademico, includendo nella medesima formazione la cultura per la valorizzazione del territorio e dei beni culturali e la preparazione tecnico pittorica, seguendo le lezioni di pittura del professore Enzo Federici dell’Accademia di Belle Arti di Catania.
La tendenza dell’artista è alternare la passione pittorica a quella fotografica.
Il tema scelto nei quadri apparentemente semplice, ovvero la natura morta, cela una vera ricerca storico artistica in quanto associata, in sede di tesi di laurea, allo studio del Cristo Velato di Napoli e di un ipotetico processo alchemico di pietrificazione del velo.
I fiori rappresentati nelle tele sono una trasposizione del concetto di materializzazione e velatura.
Rossana Caltabiano ci regala qualcosa di prezioso: la speranza di lasciarsi sedurre ancora dal mondo transeunte che ci circonda sotto le modeste spoglie della natura.

Disegno

Le prime incisioni mostrano una predilezione per il segno come elemento dinamico e avvolgente; linee delicate e  sensuali accompagnano pose volutamente accattivanti.
L’interessante incisione della ragazza con i capelli che velano il viso sembra quasi un’ anticipazione per la passione del tema della velatura, anima della tecnica pittorica e della ricerca di tesi.
Le figure femminili rappresentate nelle incisioni presentano occhi espressivi, forme semplificate ed eleganti.
La costruzione delle ombre, sebbene è resa da tratteggi incrociati, non delinea mai violenza del gesto, il tutto è equilibrato e lascia trasparire un animo sensibile e delicato.

I dipinti

I dipinti mostrano un chiaro studio del vero, sotto forma di natura e paesaggio intimamente vissuto.
Si tratta di un rapporto sincero con il contenuto dell’opera, persino i fiori sono creature che l’artista ha coltivato e cresciuto personalmente, per ritrarle infine su tela, come doppio omaggio alla vita, alla natura, al colore.
Il modus operandi dell’artista è di prender spunto da immagini reali per privarle di contestualizzazione, evidenziandone quella parte che interagisce con il nostro inconscio e che tocca le corde del sentimento interno.
Si tratta di un’evocazione di realtà sinestesiche che sembrano apparentemente visive, ma seducenti dei sensi, come la diafana sensazione di profumo, la carezzevole scorrevolezza delle pennellate che sfiorano le superfici o vi si lasciano trasportare. Si ha quasi la cinetica illusione di essere trainati dal vento, un vento mai deleterio, ma sempre delicatissimo.
Guardando le sfumature di bianco sembrano quasi rimembrare cotone finissimo.

La tecnica

Le opere ricordano l’armonia di un Cremona senza mai essere totalmente materiche. Espressionisticamente vissuta la realtà sembra travolta da pathos interiore, sapientemente controllato in un dolcissimo equilibro intimistico. I toni si scaldano e si raffreddano. L’artista sperimenta  sensazioni antitetiche sia termiche sia psicologiche, creando un contraltare paesaggistico di emozioni interne. Avvolgente dinamismo della traccia del pennello ricrea dimensioni percettive involutive.

 Natura morta

Nelle nature morte si profilano soggetti ben distinti, i fiori le cui caratteristiche vengono presentate in maniera elegante attraverso la posa, la composizione e la scelta della trama pittorica con cui definire le venature di questi delicati esseri. “Sterlizia”, “Calla” e “Iris” sono esempi di come le gamme cromatiche sono tendenzialmente calde, l’inquadratura sia studiata, dove il fulcro dell’immagine è il centro del fiore. Si tratta di un gioco di linee, colori e contrasti dove la forma domina padrona.

Il paesaggio

Il rapporto animistico con la pittura si evince nei paesaggi, realtà a metà tra il reale e il surreale, nati dalla suggestione di un particolare di un’immagine, di una foto.
V’è un endemico legame tra le forme di natura e il corpo umano, legame intimo con la terra che richiama  il corpo femminile nelle sue sinuosità.
Nei paesaggi tali riferimenti si fanno portavoce di un irruente furor creativo, sapientemente tenuto, imbrigliato e governato dalla tecnica. Si evidenziano mondi impalpabili, dune di colore disgregantesi e ricostituentesi al tempo stesso. Appare quasi un parallelo di mondi interiori che richiama quel fluire dell’essere caro a Bergson.
La pennellata materializza, a suo modo, lo stato umano di “fluire continuo dell’essere” creando un parallelo tra mondi dell’es; realtà viscerali vestite di colore, fragili e dissacranti al tempo stesso.
Continua la permanenza della linea sotto forma di pennellata e di colore dai cromatismi a volte caldi, a volte freddi. Si tratta sempre di antipodi dell’es, che vestono forme – informi per vivere di vita propria sulla tela, come un’osservazione dentro di sé per vedere materializzati i propri stati interni in un mondo altro, ovvero un’estroversione dell’es.
Le sensazioni antitetiche di stasi e dinamismo si insinuano anche all’interno di un unico paesaggio e sono talmente forti da scatenare vortici, piogge e venti in un contesto dove si presentano elementi immobili. Lumeggiature fanno da tramite per la smaterializzazione delle forme e lingue pittoriche alla frammentazione dei colori, sottolineando senso di forte precarietà.
Il tutto è sapientemente riequilibrato dall’eleganza della composizione e la delicatezza del gesto .

I colori e la scenografia

I colori sono simbolo di stati di forte passione, una evoluzione cromatica che inizia dall’osservazione del dato fotografico, tendendo a un’evoluzione di bellezza. Questo appare come un’enucleazione di sensibilità umana, purificazione panica in un contesto naturale in cui i colori sono gli artefici del prodigio.
La scelta di partire da toni principali per arrivare ai corrispettivi derivati terziari, definendo paesaggi caldi e paesaggi freddi, denota il chiaro riferimento alla natura cangiante dell’animo umano. Privilegiando come predominanti nel ciclo pittorico i toni caldi, sembra quasi che l’artista voglia ricordare che nella vita, come nella pittura, che il profilarsi di evoluzioni dell’esistere deve avere come presupposto  il calore cromatico della speranza.
I colori ad olio si velano nei paesaggi di rosa con una evanescente levità, quasi fossero realmente plasmate da nubi e non materia, entità impalpabili determinate dal colore. Il senso del calore umano le pone a metà tra la fantasia e il cuore, sono realtà dell’anima non contingenti. È come se l’artista avesse fotografato stati emotivi, “congerie di stati vissuti” bergsoniani di un es non materializzato, non codificato. L’es, insieme di passioni celate e inconsce, è stato spiato nel silenzio, fotografato e dipinto in paesaggi statici, dove non c’è una reale corporeità se non per allusioni di forme umane.

Ombretta Di Bella